domenica 17 marzo 2013

Scorci di romanico

La Val di Cornia è un luogo con cui ho da sempre un particolare legame. Un paesaggio dove ancora si ammirano una natura e  una campagna talmente curate da sembrare un giardino, su cui irrompe una costa fatta di spiagge, golfi, promontori.
Su tutto domina la luce con i suoi colori accessi, materici come quelli dei pittori macchiaioli che dipinsero zone poco distanti da queste.
Nel ripensare alle tracce dei tempi anchi, di cui questo spicchio di terra è costellato, mi è capitato di soffermarmi sulle pievi dei borghi di Campiglia e Suvereto.
Edifici curiosi ed emblematici, spesso poco noti per la loro collocazione che sembra passare in secondo piano rispetto alla più forte curiosità che il visitatore nutre per il borgo.
Ma è proprio questo loro aspetto appartato che mi ha sempre incuriosito, e che forse ha preservato queste due strutture nel corso dei secoli.
A Campiglia la pieve di San Giovanni sorge fuori dal paese, su una collinetta circondata da una struttura dall'aspetto marmoreo, che solo a ben guardare si rivela essere il cimitero monumentale.
La cosa potrebbe sembrare singolare, ma è da ricondurre ad un'antichissima usanza nordica di seppellire i morti all'ngresso delle chiese come monito per fedeli alla fugacità della vita e di tutte le cose terrene.
La chiesa appare dunque in questa sua veste silenziosa, come un edificio romanico, rigorosissimo e libero nella luce che lo avvolge. Risalta solo qualche decorazione sulla facciata principale dove si apre un curioso rosone trilobato, di una forma simile a un trifoglio.
Niente di più facile come architettura, ma quello che a me colpisce, è la rigorosità di una struttura che si rende elegantissima attraverso poche forme semplici.
L'atmosfera che si avverte è quella romantica dell'antico edificio a contrasto con la rutilanza delle sepolture di epoca successiva, su cui domina il paesaggio della campagna collinare.
Putroppo non ho mai avuto l'opportunità di visitare l'interno, ma nelle descrizioni è indicato come del tutto speculare a quello della pieve di San Giusto a Suvereto.
Qui la chiesa sorge in tutt'altra ubicazione, quasi a ridosso delle mura e della porta principale del borgo, completamente circondata da strutture successive ma abbastanza discrete.
La  struttura è la medesima di quella di Campiglia, con lo stesso rosoncino trilobato, il portale appena un po' più elaborato e l'eccezione di un campanile a torretta.
L'interno si apre con un'aula unica, illuminata dalla luce chiarissima delle finestre d'alabastro, che va a concludersi nelle linee purissime dell'abside e dei transetti. Ancora si notano i "plutei" ovvero le delimitazioni marmoree originali che circondano l'altare.
All'ingresso della pieve, di lato a destra, si apre un archetto che introduce nel piccolo ambiente del battistero. Il piccolo spazio è stato ridecorato in epoca recente con mosaici eseguiti dalla scuola vaticana di arte mosaica, conservando il fonte battesimale originale, una vasca romanica dalle forme purissime ma nello stesso tempo elaborate, completata dalla statuetta del battista.
L'effetto di questo contrasto non dev'esser stato molto apprezzato dagli esperti d'arte, ritenendo forse che dei mosaci colorati fossero poco adeguati alla severità di una struttura romanica.
Personalmente posso condividere questa critica formale ad un'aggiunta troppo diversa dalla natura dell'edificio, ma devo anche ammettere che i mosaici variopinti del piccolo ambiente e la scena del battesimo nel Giordano a contrasto con il fonte romanico, riescono a suscitare una forte suggestione di pace, quella che credo si provi soltanto nei veri luoghi della fede.

 
 
 
(altare della pieve di San Giusto a Suvereto)
 
 
(mosaici della scuola vaticana, battistero della pieve di San Giusto a Suvereto)
 



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